La connessione tra carie e genetica rimane un campo in gran parte inesplorato, ma un nuovo studio condotto su gemelli ha offerto nuovi spunti di riflessione. Ricercatori provenienti da diverse istituzioni brasiliane hanno condotto una meticolosa analisi per gettare luce su questo complesso tema. Lo studio, pubblicato sul Journal of Dentistry, prestigiosa rivista scientifica, ha esaminato l'incidenza della carie in gemelli monozigoti e dizigoti, offrendo indicazioni preziose, seppur non definitive.
Uno studio sugli studi già pubblicati
I ricercatori hanno svolto una vasta ricerca sugli studi già pubblicati, attraverso database come Embase, MEDLINE-PubMed, Scopus e Web of Science, integrando queste fonti anche con altre ottenute interrogando piattaforme come Google Scholar® e Opengray. Dagli oltre 2500 studi individuati, ne hanno selezionato 19, ritenuti i più idonei a descrivere il rapporto tra carie e genetica.
Risultati e punti di forza della ricerca
I risultati indicano una relazione significativa tra fattori genetici e lo sviluppo della carie in molti dei casi esaminati. Tuttavia, il rischio di bias, cioè di errori, è stato evidenziato nel 47,4% degli studi, sollevando interrogativi sulla solidità delle prove raccolte. La ricerca ha rilevato una maggiore concordanza nell'esperienza di carie tra gemelli monozigoti rispetto a quelli dizigoti, sia per le dentizioni decidue sia per quelle permanenti. Tuttavia, non sono emerse differenze significative riguardo all'indice DMF, la scala impiegata dagli specialisti per valutare la presenza di carie o elementi mancanti. L'aspetto più critico è risultata la valutazione della certezza delle prove, giudicata bassa o molto bassa per tutti gli studi inclusi nella ricerca.
Implicazioni e futuri sviluppi
Complessivamente, sebbene non definitivi, i risultati di questa ricerca aprono la strada a ulteriori interrogativi sulla reale incidenza genetica nello sviluppo della carie. Comprendere meglio questa relazione potrebbe avere un impatto significativo nella pratica clinica e stimolare lo sviluppo di nuovi studi. Le implicazioni potrebbero indirizzarsi anche verso le terapie genetiche, suggerendo la possibilità di adottare nuovi approcci per affrontare la carie con strumenti innovativi.
I probiotici, com'è ormai noto, sono dei microrganismi amici dell'uomo. I benefici che offrono alla salute sono ampiamente documentati sia dalla ricerca scientifica che dal costante aumento dell'offerta e della domanda di tali prodotti, segno di quanto siano efficaci. Ma lo sono anche per la salute orale? Un team di studiosi operanti presso la Chongqing Medical University di Chengdu, Cina, si è dedicato a risolvere questo interrogativo mediante uno studio mirato. I risultati di questa ricerca sono stati pubblicati sul Journal of Clinical Periodontology ed è bene conoscerli, perché offrono nuovi spunti per chi è impegnato nella lotta contro la parodontite, una delle malattie più gravi della bocca.
I probiotici, funzionano
I ricercatori hanno preso in considerazione i dati elaborati dal National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES) relativi al periodo 2009-2014 e che coinvolgevano 4.577 adulti. L'obiettivo era scoprire se l'uso regolare di probiotici potesse influenzare in qualche modo la comparsa della parodontite. Coloro che facevano uso di probiotici presentavano un'incidenza significativamente inferiore di questa malattia rispetto a chi non li assumeva (41.08% rispetto a 27.83%). Ma gli studiosi non si sono fermati qui e sono andati ancora più a fondo della questione.
Le altre variabili prese in esame
Per valutare quello che i ricercatori chiamato odds ratio, cioè il rapporto di probabilità che un certo evento accada in relazione ad una o ad altre variabili, lo studio ha preso in esame anche età, sesso, etnia, rapporto tra reddito e povertà e l'eventuale tabagismo dei soggetti analizzati. Scoprendo che l'assunzione di probiotici, anche in relazione a queste altre variabili, è comunque sempre associata a un rischio inferiore di sviluppare la parodontite. Una malattia già di per sé grave e che espone anche ad altri rischi, come nel caso di chi soffre di diabete.
Cosa suggerisce, in sintesi, questa ricerca
Lo studio condotto dai ricercatori della Chongqing Medical University di Chengdu sono la conferma di quel che già si sapeva, ma in un ambito ben più specifico. I probiotici, infatti, fanno bene non solo alla cosiddetta salute sistemica, cioè quella dell'intero organismo, ma anche alla salute della bocca. Assumerli regolarmente, dunque, senza però dimenticarsi delle altre raccomandazioni relative ad un'alimentazione sana e all'attività fisica che non devono mai mancare, aiutano a mantenere in salute le gengive e il parodonto, dove hanno sede i nostri denti che per brillare hanno bisogno di sentirsi sempre al sicuro.
La parodontite è una malattia spesso sottovalutata, certo non dagli odontoiatri che ne comprendono l'entità. I pazienti, invece, purtroppo, tendono a rivolgersi tardi agli specialisti che possono solo diagnosticare la malattia quando ormai si è sviluppata. Il trattamento della parodontite è notoriamente lungo e complesso, poiché le sue cause sono varie e interconnesse. Recenti studi hanno dimostrato l'importanza della dieta per la salute delle gengive. Una revisione sistematica della letteratura, pubblicata su Clinical Oral Investigations, si è focalizzata su questo argomento, esaminando l'impatto di una dieta restrittiva sulla parodontite. Il team di ricerca, affiliato al King's College di Londra, ha analizzato gli effetti della riduzione calorica sulla progressione della malattia parodontale e sulla risposta al trattamento, ottenendo risultati interessanti e clinicamente rilevanti, anche se non ancora definitivi.
Fonti e metodologia della ricerca
Per condurre questo studio, gli autori hanno condotto una ricerca approfondita su Medline, Embase e Cochrane, archivi che contengono ricerche di livello internazionale, esaminando anche manualmente gli studi pertinenti. Sono stati inclusi solo studi preclinici e clinici sull'uomo che indagavano gli effetti delle restrizioni caloriche sui parametri clinici e infiammatori legati alla parodontite. Inizialmente, sono stati individuati 4980 articoli, ma solo sei studi soddisfacevano i criteri di inclusione. Tra questi, quattro erano studi su animali e due coinvolgevano esseri umani.
I risultati
Nonostante il numero limitato di studi e la diversità dei dati, sono emersi risultati di grande rilevanza. Tutte le ricerche indicavano che una dieta a basso apporto calorico potrebbe ridurre l'infiammazione sia locale che sistemica, nonché rallentare la progressione della parodontite rispetto a una dieta normale. La restrizione calorica ideale è definita come una riduzione del consumo medio di calorie giornaliere tra il 10% e il 40%, senza causare carenze nutrizionali e senza intaccare l'apporto di nutrienti essenziali come vitamine e minerali. Diversi studi hanno evidenziato benefici come la riduzione del sanguinamento delle gengive, la diminuzione dell'infiammazione e la prevenzione della perdita dei denti attraverso la riduzione dell'apporto calorico.
Conclusioni intriganti, anche se ancora preliminari
Questa revisione sistematica rappresenta il primo studio che esamina l'effetto delle restrizioni dietetiche sulla parodontite. Nonostante la limitatezza degli studi disponibili, i risultati suggeriscono che una dieta a basso apporto calorico potrebbe migliorare le condizioni parodontali, riducendo l'infiammazione e favorendo una risposta migliore al trattamento. Tuttavia, ulteriori ricerche sono necessarie per confermare questi risultati e fornire evidenze più solide.
L'importanza clinica della ricerca
Secondo gli esperti, i risultati ottenuti da questa revisione sistematica hanno una rilevanza clinica di prim'ordine. L'informazione emersa suggerisce che l'adozione di restrizioni dietetiche potrebbe costituire un'opzione terapeutica complementare estremamente vantaggiosa per i pazienti affetti da parodontite. I dati attuali indicano chiaramente che la dieta riveste un ruolo di fondamentale importanza nella gestione efficace della malattia parodontale. Ci si augura che i risultati di questa ricerca incoraggino ulteriori studi approfonditi e attirino l'attenzione sull'importanza di includere la dieta come elemento integrante del trattamento per la cura della parodontite.